Dal campo alla panchina il passo è stato breve. Manuel Scalise, oggi tecnico del Cosenza Under 17, ha chiuso la sua carriera da calciatore con la maglia rossoblù. Poi, subito dopo aver appeso le scarpette al chiodo, ne ha iniziata un’altra, da allenatore. Partendo dai più giovani, insegnando calcio ai Lupacchiotti e facendo la spola tra Berretti e Allievi.
– Partiamo dalla rocambolesca vittoria di domenica sul campo dell’Ascoli. Avete dimostrato di crederci fino alla fine.
«Una bella vittoria, nonostante l’emergenza con cui abbiamo a che fare da diverse settimane. Una soddisfazione che ripaga i ragazzi dei grandi sforzi che compiono quotidianamente. Contento anche per i tanti genitori che ci accompagnano nelle nostre trasferte, una consuetudine ormai. A loro devo fare un plauso per la correttezza, evidenziata anche dalle altre squadre: è questa la vittoria più grande».
– Numeri alla mano siete una squadra da trasferta. Delle 6 vittorie stagionali ben 4 sono arrivate lontano da Cosenza. Come te lo spieghi?
«Una cosa è certa: ce la siamo giocata con tutti. Fatta eccezione per i secondi tempi di Roma, Frosinone e Benevento, dove è uscito fuori il valore dell’avversario, non abbiamo mai sofferto nessuno. Non era facile reperire dei classe 2002, invece abbiamo costruito un buon gruppo».
– Quando sei arrivato a Cosenza, nell’ottobre del 2016, immaginavi una simile evoluzione nella tua carriera?
«A Cosenza sarei dovuto arrivare qualche anno prima. Quando si è presentata l’occasione invece non ero più nelle migliori condizioni fisiche, di conseguenza come giocatore non ho ripagato le aspettative. Mi sono trovato nel bel mezzo del cambio della gestione tecnica, da Roselli a De Angelis, e non è stato facile. Già da qualche anno coltivavo l’idea di voler diventare allenatore delle giovanili, così ho deciso di intraprendere subito questa nuova avventura».
– In tre anni hai acquisito ormai una certa esperienza con i ragazzi. Qual è l’approccio migliore per entrare in empatia con tutti?
«Il mio compito è difficilissimo. Mi trovo ad avere a che fare con ragazzi nel fior fiore della maturazione, che hanno tante aspettative. E’ comunque divertente ed emozionante; quando, dopo un anno passato insieme, ti rendi conto di aver stabilito forti legami con i ragazzi e le loro famiglie, significa che hai svolto un buon lavoro.
– Adolescenti in piena fase di sviluppo ma anche calciatori in erba. Aspetti da curare con uguale attenzione o prevale uno dei due?
«Bisogna fare attenzione ad entrambi gli aspetti. Hanno un sogno e devi cercare di non distruggerlo; allo stesso tempo se non è realizzabile ci vuole tatto per fargli capire che non si tratterebbe di un fallimento. Ma la cosa più importante rimane l’educazione: voglio che imparino a comportarsi prima di tutto nell’ambito scolastico, familiare e sociale. Tante volte ho agito in quest’ottica e mi è capitato di non far giocare un ragazzo solo perchè non affrontava correttamente la vita di tutti i giorni. Non ho mai anteposto il risultato sul campo al senso civico e all’educazione in toto».
– L’annata volge al termine, è stato un campionato dai due volti. Un inizio promettente, poi il rendimento è un po’ calato. Qual è il tuo resoconto? Quanta voglia c’è di chiudere con una serie di risultati positivi?
«I 22 punti collezionati finora non sono pochi, nelle altre categorie sicuramente non saremmo terzultimi, ma quasi a metà classifica. E’ stato un campionato strano, al termine del girone d’andata addirittura eravamo molto vicini alla parte alta della classifica. La sorte ci ha poi giocato un brutto scherzo, siamo stati tempestati dagli infortuni: su tutti quelli di Santoro, Belcastro, Buscicchio e Dipinto. Nell’arco del torneo ho avuto modo di impiegare l’organico al completo e di questo comunque me ne rallegro. Ognuno di loro ha fatto la sua esperienza. Ora vorrei delle risposte importanti dalla partita di domenica con il Perugia, mentre a Roma, dove si giocherà l’ultima di campionato, sarà difficilissimo».
– Ci sono delle partite che hanno lasciato particolari rimpianti?
«Sicuramente contro il Lecce e il Foggia, ma anche contro l’Ascoli all’andata. Qualche punto ci manca, è indubbio. I ragazzi in ogni caso hanno fatto un ottimo lavoro. Per noi è stato l’anno zero, per la prima volta ci confrontavamo con club di A e di B ma direi che ce la siamo cavata alla grande. Magari nella prossima stagione riusciremo ad essere più competitivi».
– Hai individuato dei profili interessanti da tenere sotto osservazione per il Cosenza che verrà?
«Andrea Belcastro è un ragazzo che potrà dire la sua per le qualità fisiche, tecniche e mentali che evidenzia. Nessuno puntava di lui, eppure noi abbiamo intravisto delle potenzialità e finora direi che abbiamo avuto ragione. Era il classico “brutto anatroccolo”, chissà che non si trasformi in cigno».
– Un’ultima curiosità. Più faticoso tenere a bada un branco di Lupacchiotti o i piccoli Tommaso e Vittorio? (Mister Scalise qualche mese fa è diventato padre di due gemelli).
«Con i gemelli è davvero impegnativo, soprattutto ora che ci troviamo nel pieno di poppate e cambi di pannolini. Si, badare a loro è senz’altro più difficile!».
